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Augusta, il “vaffa” ai 5 Stelle che manda Gulino e Di Mare al ballottaggio

AUGUSTA – Col “vaffa” è arrivata e così se n’è andata. L’amministrazione 5 Stelle dei record ha battuto pure l’ultimo: quello della prima sindacatura che non viene confermata per il secondo mandato. Le urne del 4 e 5 ottobre hanno spedito al ballottaggio il discusso ex sindaco degli anni Novanta, Pippo Gulino, insieme al capogruppo d’opposizione Peppe Di Mare. Terzo l’ex primo cittadino Massimo Carrubba, che vede sfumare la rivincita politica e personale dopo lo scioglimento del “suo” Comune. Ma la bocciatura più traumatica è arrivata per l’uscente Cettina Di Pietro. La prima donna eletta a guidare il Palazzo, e il candidato più votato di sempre al secondo turno, ora si è piazzata penultima. Bruciando in un quinquennio un capitale enorme di consenso grillino, che aveva persino regalato alla città il suo primo senatore della storia. Comunque, di gran lunga peggio ha fatto Massimo Casertano, con un risultato che relega la Lega all’irrilevanza sulla scena politica.

Di Pietro bocciata ma M5s è ancora il primo partito.

Cettina Di Pietro nel 2015, ora la corsa è a ritroso (foto Fb).
copertina, da sinistra: Peppe Di Mare e Pippo Gulino.

Nonostante la clamorosa bocciatura, tutto sommato attesa dopo la freddezza percepita nelle piazze, per il M5s c’è la consolazione che il 18 per cento lo mantiene primo partito cittadino. Ha dimezzato le percentuali persino rispetto il suo peggior risultato dell’ultimo quinquennio, registrato alle europee. Ma le 3.400 preferenze raccolte dalla sindaca mantengono i pentastellati ancora in vetta alla classifica dei simboli. Complice anche il fatto che gli altri marchi nazionali si sono camuffati o diluiti nelle civiche, spesso in coalizioni contrapposte fra loro. Solo la Lega, in una lista bicicletta con l’inutile Diventerà bellissima, aveva portato il logo sulla scheda. Accollandosi in questo modo una debacle epocale, con quel misero 4 per cento da listarella di quartiere. Alla vigilia del voto era calato persino Matteo Salvini, per annettere questo pezzo di Sicilia al suo progetto di Padania allargata. Alla fine il leghista Casertano ha superato appena i 700 voti. Dando ragione al profetico striscione dei contestatori in piazza Duomo, in cui avvertivano il suo Capitano che “Augusta non si Lega”.

L’ex sindaco oltre i 6 mila voti, 800 in più dello sfidante.

A chi invece gli augustani sembrano particolarmente legati è Gulino. E’ stato il primo sindaco eletto direttamente dai cittadini, e anche il primo a interrompere il suo mandato anzitempo per problemi con la giustizia. Una condanna passata in giudicato lo ha tenuto lontano dalla politica per un ventennio. E, stranamente, anche fuori dagli implacabili strali giustizialisti dei grillini. Appena si è riaffacciato sulla scena, l’antico feeling con l’elettorato è tornato. Oltre 6.100 voti lo hanno fatto volare al ballottaggio, con una percentuale del 31 per cento fondata su 3 civiche d’appoggio. Staccato, ma arrivato a un 27 per cento che rende tutto ancora possibile, si trova lo sfidante Di Mare. Era approdato alle urne con 3 liste fai-da-te, affiancate alla rodata Cambiaugusta di Marco Stella. Ne è uscito con 5.300 voti, che dalle prime proiezioni sembrano aver abbondantemente superato quelli suoi candidati consiglieri. Riscuotendo il dividendo di essere stato il primo a mettersi in gioco per la sindacatura, quando tutti avevano paura del ciclone 5 Stelle. E probabilmente capitalizzando anche il fatto di essere l’unica vera novità delle amministrative 2020.

Voti solo ai candidati sindaci: effetto seggi ridotti a 24?

Per l’ex sindaco Massimo Carrubba “rivincita” sfumata.

La sfida al ballottaggio fra il sessantasettenne Gulino e il quarantatreenne Di Mare, mette di fronte il più anziano e il più giovane degli aspiranti sindaci. In un confronto che non è solo anagrafico, ma anche di stile e cultura politica. Per il consigliere del nuovo millennio c’è stata molta comunicazione social, con la quale ha valorizzato i chilometri macinati in un anno di infaticabile porta a porta. Per l’ex sindaco del secolo scorso invece è stata una campagna “tradizionale”, da vecchia scuola Democrazia cristiana, partito che gli regalò la prima sindacatura quando ancora si decideva in consiglio comunale. All’epoca i seggi a Palazzo San Biagio erano 40, poi sono scesi a 30, da queste amministrative si riducono a 24. E forse questa contrazione ha penalizzato Carrubba, l’altro grande ex che voleva tornare a Palazzo. Le 3 liste a vocazione centrosinistra infarcite di giovani hanno sostanzialmente fatto combaciare le loro preferenze con le 3.900 del candidato sindaco. Ma il 20 per cento raccolto non è bastato al predecessore della grillina Di Pietro, per vincere la sua scommessa di ripartire da dove era stato costretto a lasciare.

Scendono i votanti, arrivati sotto il 62 per cento.

Lo spoglio per liste e preferenze è proseguito fino a tarda notte. Solo con le statistiche al completo, si potrà capire quanto abbia inciso la contrazione nel numero dei votanti. Che è sceso ancora. Stavolta si è fermato a 20 mila, poco sotto il 62 per cento. Nelle precedenti comunali era stato sopra il 68 per cento e prima ancora, nel 2008, aveva sfiorato il 75 per cento. Disaffezione verso una politica che cambia solo i suonatori, ma non lo spartito? O la riduzione dei seggi consiliari si porta dietro un minore effetto traino delle liste con meno candidati? A prima vista questa spiegazione sembrerebbe avere un suo peso. Sono state molte le schede votate solo sul sindaco, senza alcuna preferenza espressa per il consiglio. Una particolarità evidente soprattutto nei consensi ai 5 Stelle, ma che ha investito pure gli altri aspiranti sindaco, chi più chi meno. 

Grillini, nodo alleanze regionali: test al ballottaggio?

Quando gli specchietti coi voti saranno riempiti, qualche riflessione su Augusta e la politica si potrà fare. Per il momento resta il dato che un’amministrazione 5 Stelle viene bruscamente rimandata a casa, proprio mentre il Movimento festeggia il successo al primo turno della sua candidata a Termini Imerese. Il vento favorevole ai grillini quindi non ha smesso di soffiare, almeno al Sud. Anche se appare spirare dove ancora non li hanno conosciuti bene. Come in quel Comune palermitano, dove sono andati sul sicuro replicando la coalizione di governo col Pd e la sinistra. “Presentarsi in alleanza con il Partito Democratico e con 2 liste civiche oggi non solo ha rappresentato la valida alternativa per la città, ma inoltre ci ha permesso di giocare la partita delle elezioni con armi pari rispetto agli altri candidati”, esulta un comunicato del pentastellato viceministro Giancarlo Cancelleri. I gazebo augustani, invece, non hanno fatto pane con nessuno e ora sono fuori dal Palazzo. Ma non dai giochi. Perché col ballottaggio possono recuperare l’occasione perduta delle alleanze strategiche.

Apparentamenti: le porte chiuse di chi ha già 6 assessori.

A Massimo Casertano non è bastato Matteo Salvini
il flop cancella la Lega dal centrodestra (foto Fb)

Nella coalizione Gulino, dove è confluito il centrodestra no-logo per salvarsi dal previsto disastro Casertano, c’è comunque dentro un pezzo di Pd. Che fra l’altro è quello uscito vincitore dalla lotta per la segreteria cittadina. Inoltre contro l’ex sindaco non ci sono mai state punzecchiature 5S durante la campagna elettorale: quasi un miracolo, per una come Di Pietro che non le manda certo a dire ad alcuno. Tutto fa pensare che i 5 Stelle possano rientrare dalla finestra, in quel Palazzo dal quale sono stati fatti uscire dalla porta. Avrebbero pure la benedizione dei vertici. “Che sia modello questa sperimentazione, per le prossime elezioni regionali in Sicilia”, scrive Cancelleri parlando del test a Termini Imerese. Con Di Mare la porta sarebbe chiusa in ogni caso. Dato che nel 2015, a ruoli invertiti, era stato fregato dalla sindaca sulla presidenza consiliare. Per lo sfidante dell’ex sindaco Dc, l’interlocuzione naturale resta con Carrubba. Fra i due gli attestati di stima sono stati sempre palesi. Però il giovane aspirante primo cittadino si è chiuso molte porte, quando si è allargato a indicare 6 assessori invece dei necessari 4, impegnandosi pure per il presidente del consiglio. In sostanza, ha chiuso un bel po’ di spazi che ora gli sarebbe venuto comodo far vedere aperti. Ma da qui al 18 ottobre se ne potranno vedere di cose che voi umani…

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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