Inquinamento nel Petrolchimico, per il Cipa è colpa delle auto precedenti ERROR404.ONLINE di Massimo Ciccarello Scritto giovedì, 7 Maggio, 2020 02:54 Ultimo aggiornamento mercoledì, 3 Marzo, 2021 13:50 AUGUSTA – La fotografia adesso c’è, e non in senso metaforico. L’immagine su quanto pesa l’inquinamento industriale nelle città intorno il Petrolchimico, arriva addirittura dal satellite Copernico. Che ha radiografato dallo spazio le nubi di Ossidi di azoto sopra la Sicilia, prima e dopo il “lockdown“. Mostrando la loro sostanziale sparizione dalle grandi aree metropolitane di Palermo e Messina. Nonché il completo dissolvimento da quella di Catania. A restare ben visibile, solo un filino meno colorata rispetto al prima del #iorestoacasa, è proprio la cappa di NOx appollaiata sulle raffinerie siracusane. In misura inferiore ai limiti fissati dalla legge, secondo le medie rilevate dalle centraline piazzate fra il Monte di Augusta e la Scala Greca di Siracusa. E notevolmente al di sotto dei valori registrati a Milano e dintorni, come ha evidenziato il Consorzio industriale per la protezione ambientale, con uno studio ottimistico pubblicato il 5 maggio. Al quale è seguito subito l’altolà degli ambientalisti. Che attraverso Giuseppe Patti hanno diffuso l’eloquente istantanea scattata dall’Agenzia spaziale europea, accompagnata da una domanda altrettanto tossica quanto le sostanze analizzate:“Ora ci vogliono far credere che ‘grazie alla riduzione del traffico veicolare e niente di più’ si è ottenuto una riduzione degli inquinanti”. Studio del Consorzio su NOx “smentito” dal satellite Esa. In realtà il Cipa non è che voglia “far credere” alcunché. Essendo finanziato dalle multinazionali del petrolio, ovviamente ne approfitta quando ha la possibilità di dare una bonifica all’inscalfibile percezione di inquinatori. Perché comunque la sparizione dei veicoli dalle strade ha portato a riduzioni significative dell’inquinamento generale. Ma è sul genere e sulla quantità di questa diminuzione, che i punti di vista divergono. Per chi si affida a quanto dicono i sensori di rilevamento sovvenzionati dalle aziende, tuttavia “confrontati con misure prodotte dalla rete interconessa del Libero consorzio e ulteriormente paragonati con altri report istituzionali recenti”, la conclusione a cui giunge è che “pure nel nostro territorio gli effetti del lockdown sono stati significativi per NOx e Benzene“. Ma le tabelle a corredo evidenziano qualche singolarità. Se la foto satellitare mostra appena un impallidimento per l’Ossido di azoto, le medie orarie delle centraline dicono che fra “il periodo gennaio-marzo e quello marzo-aprile, durante il blocco le concentrazioni si sono ridotte del 40-45 per cento“. Luci e ombre sul report del prima e dopo il lockdown. Il report sul NOx sottolinea che “le medie dal 2015 a oggi viaggiano ben al di sotto della normativa”, con picchi che non arrivano alla metà del valore limite annuale. Ma è anche vero che “nelle stazioni site dentro i centri abitati, come San Focà e Belvedere, gli scostamenti sono stati maggiori. Di contro in quelle messe fuori, come a Villasmundo e Melilli, le concentrazioni sono rimaste più stabili”. Secondo il Cipa, questo dimostrebbe che i responsabili dei vecchi dati erano macchine e camion. E in effetti il grafico allegato mostra riduzioni sensibili, ma non abbastanza da dare per certo che le industrie “contribuirebbero” solo per il 20-25 per cento di quell’inquinante. Fra l’altro la produzione negli impianti è stata drasticamente ridotta, anche se il risparmio di emissioni ordinarie potrebbe essere stato compensato da quelle straordinarie delle fermate. “Cosa è successo ad aprile in Versalis? Per non parlare di quello che è successo in Sonatrach. Per non parlare dei fuori servizio della Lukoil, eventi imprevisti ma che in ogni caso hanno causato un aumento degli inquinanti in atmosfera”, scrive l’ambientalista Patti. Quanto pesano davvero i veicoli sui valori del benzene? I dubbi dell’ex capolista dei Verdi alla Camera arrivano anche dai valori accorpati sotto la voce del Benzene, ma in cui rientrano toluene, etilbenzene e xilene. E’ un composto “classificato come cancerogeno accertato per l’uomo”, riconosce lo stesso Cipa. Ma secondo il suo studio, “oltre l’80 per cento di quello che finisce nell’aria deriva dal traffico veicolare“. Ed è qui che la dimostrazione lockdown per la teoria “colpa delle auto precedenti” si ingarbuglia un poco. Ad Augusta, fra prima e dopo l’11 marzo, la centralina alla Villa comunale ha registrato la diminuzione solo per un terzo. A San Focà è stata appena di un quarto, mentre a Melilli è addirittura aumentata, del 15 per cento circa. Solo a Belvedere il Btex si è ridotto in modo significativo, per due terzi. Anche se “in generale i valori medi rilevati dalla Rete sono molto al di sotto dei limiti indicati dalla normativa”, come sottolinea lo studio, appare un po’ fuorviante calmierare tutti i dati per affermare che “le concentrazioni dell’inquinante del periodo di quarantena si sono abbassate del 25 per cento“. A zoppicare sembrano le spiegazioni fornite per dati così ampiamente dissimili. “Btex da auto”, ma Augusta supera Palermo: possibile? “La misura stabile registrata nella stazione di Melilli (è aumentata da 0,7 a 0,8 in realtà, ndr) si spiega con la scarsa interferenza del traffico, ovviamente poco rappresentato in questa comunità”, sostiene il report. Sottolineando che invece “lo scostamento è più evidente nella stazioni ubicate in aree a maggiore densità di traffico veicolare”. Ma lasciando da parte i dubbi sulla locomozione “green” dei melillesi, avendo abbandonati da un bel pezzo i carretti tirati dai muli, è proprio la tabella di raffronto presa in prestito dall’Arpa regionale che arretra le auto dalla pole position per i Btex. La concentrazione media di Benzene registrata a Palermo prima e dopo l’11 marzo è scesa quasi del 70 per cento, passando da 2,07 a 0,63. Ma nella centralina messa fra i pini dei giardini pubblici di Augusta, davanti il commissariato, il valore è sceso solo da 1,17 a 0,81. Per il Cipa questa lampante discrepanza è spiegata “per la ovvia ragione che il traffico veicolare non può paragonarsi”. Ma questo vale, e solo in parte, per lo scostamento nelle percentuali di riduzione. Il dato duro e puro dei microgrammi su metro cubo racconta invece che fra i palazzoni del capoluogo siciliano, con il lockdown, c’è stato meno benzene di quello trovato nel desolato parcheggio fra i viali alberati della Villa augustana. Il 25 per cento in meno, 0,63 con 0,81. Patti: perché non date i dati Marcellino e San Cusmano? “Se avessero pubblicato i dati di Marcellino o di San Cusumano, cosa sarebbe emerso?”, si è chiesto l’ambientalista Patti. Quei dati non ci sono, però ci sono quelli delle Polveri sottili. Sono le famigerate Pm10, nelle quali “la Società italiana di medicina ambientale ha ritrovato Sars-Cov-2“. Secondo questi ricercatori, “si tratterebbe di una prima prova che apre la possibilità di testare la presenza del virus sul particolato atmosferico delle nostre città”. Se dovesse essere così non c’è da fare sonni tranquilli, “anche se per fortuna nel nostro territorio restano ancorate a valori del 50 per cento rispetto al limite annuale indicato dalla norma, senza superamenti di quello giornaliero”. Qualche riflessione la solleva il grafico che mostra addirittura un aumento del particolato in atmosfera, proprio quando le auto erano tutte in garage. Dappertutto i microgrammi su metro cubo sono stati più alti. Un poco sopra il pre-lockdown a Belvedere, San Focà, Farodromo e Melilli. E abbastanza sopra a Ogliastro e Augusta, oltre il 20 per cento. “Le polveri sottili hanno una tossicità intrinseca legata alle loro capacità di penetrare le vie respiratorie”, riconosce il Cipa. Aggiungendo solo che “lo studio non ha osservato scostamenti del Pm10 prima e dopo la chiusura”. Qualcosa invece gliela aggiunge Patti:“Sono due mesi che fanno quello che vogliono, aumentano portate e aprono cloache”. Grafici ballerini per gli idrocarburi: colpa del tempo. Forse l’affermazione dell’ostico ambientalista è un pò tranchant, per un Petrolchimico che risulta molto meno inquinato di Milano. “Dove sono stati fatti molti passi verso la sostenibilità ambientale”, e in cui il Cipa “può certamente affermare che tutti gli inquinanti maggiori sono rispettosi delle leggi vigenti“. Però è anche vero, come fa notare Patti, che “i nasi dei cittadini di Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa non contano nulla? Il sistema Nose ha registrato in questi mesi di lockdown impennate dei fastidi odorigeni“. La nube “anonima” sopra la rada Megarese a Pasquetta ha lasciato l’amaro in bocca, insieme alle gole irritate, dopo che “gli inquinanti maggiori” sono risultati a posto. Mentre altro, come le diossine, non è stato nemmeno cercato perché le “leggi vigenti” non l’hanno messo nella lista dei monitoraggi costanti. A differenza dell’Arpa, lo studio del Consorzio ha cercato anche i “Non normati“. Spiegando che “sono una classe di composti molto varia, che possono originare da fenomeni di evaporazione, dallo stoccaggio e dalla movimentazione dei prodotti petroliferi e anche dal gas di scarico dei veicoli“. Non hanno “limiti normativi, anche se possono essere irritativi”. Il grafico di questi Nmhc dove ci sono “idrocarburi alfalitici, aromatici e composti ossigenati”, a metà marzo e a cavallo di fine aprile è schizzato verso l’alto. Per il Cipa “le concentrazioni altalenanti trovano riscontro con molta probabilità nelle variazioni climatiche, che hanno potuto determinare una dispersione degli inquinanti”. E magari si scoprirà che anche la pandemia, alla fine, è stata tutta colpa del tempo. 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