Tramonti 1943: il rifugio al Conservatorio nel romanzo di Salvatore Improta CULTURA di Rita Di Lieto Scritto lunedì, 26 Maggio, 2025 16:59 Ultimo aggiornamento domenica, 9 Novembre, 2025 20:06 Durante il secondo conflitto mondiale, l’ex ‘Real Conservatorio dei SS. Giuseppe e Teresa’ di Tramonti, Monastero di Monache domenicane, ospitò le donne sfollate dalla fascia costiera di Napoli bersagliata dai bombardamenti. Le suore in cambio chiedevano solo che contribuissero con il proprio lavoro ai bisogni di quel gran numero di persone. La guerra, però, le raggiunse anche lì, in quel rifugio ritenuto sicuro. Dopo lo sbarco degli Alleati del 9 settembre 1943 nel golfo di Salerno – in buona parte anche sulla spiaggia di Maiori – il valico di Chiunzi assunse una grandissima importanza strategica. Dall’alto della catena dei Monti Lattari esso domina, infatti, a sud la vallata di Tramonti-Maiori, e a nord l’agro nocerino-sarnese nonché la pianura campana da Castellammare al Vesuvio. Dal valico si poteva, quindi, tenere sotto tiro tutta la strada da percorrere per raggiungere Napoli da Salerno. Il romanzo di Salvatore Improta, Io sarò il tuo porto, Words Edizioni 2024, narra la storia di quest’esodo e il ritorno dei giovanissimi protagonisti, Antonio, Maddalena, Ciro e Lidia, dai sedici ai diciotto anni, in un mondo in cui tutto è cambiato. 04/12/1942 E’ una data l’incipit di questo romanzo – diario, la data del primo bombardamento americano su Napoli, un bombardamento a tappeto di 20 aerei B24 Liberator della 9th Air Force di base in Africa, una data ben impressa nella memoria di tutti i napoletani. Gli allarmi non suonarono, e la popolazione civile fu colta di sorpresa. Le bombe fecero 286 vittime e 667 feriti . Il 4 dicembre è la festa di Santa Barbara, patrona dei vigili del fuoco che quel giorno nella Caserma Vittoria, la loro caserma, la stavano festeggiando. La prima bomba cadde proprio lì vicino.Furono colpiti: il centro della città e le zone industriali di San Giovanni a Teduccio e Barra. Ed è proprio a San Giovanni a Teduccio che si svolge la prima parte del romanzo, con la scena della folla che corre ai rifugi e a, fine allarme, di quella dei volenterosi che accorrono a liberare le persone dalle macerie. “Si vive in preda a terrore ed angoscia“. “San Giovanni è un obiettivo, è al centro del golfo ed è l’imbocco per le navi in arrivo; collega la città con il sud ed è la zona industriale di Napoli”. Sono le parole che scrive Antonio, nel rifugio, per lasciar traccia del suo stato d’animo: ”Io mi rintano in un angolo, seduto per terra. Vorrei rimandare ogni pensiero a quando tutto finirà, ma nonostante lo sforzo e l’impegno, la mente si affolla di figure e di parole che mi costringono a riflettere. Provo ancora a correre almeno con l’immaginazione. Penso al salone di mastr’Alberto, dove passo le giornate, e a tutti i clienti che entrano anche solo per un saluto o per una chiacchierata: in questo periodo andare dal barbiere è un lusso, più che barbe e lavate di testa, facciamo parole. Parole assai. Il lavoro non è per niente duro, anzi mi diverto. Ci vado molto volentieri. Da grande però non voglio diventare barbiere, anche se il salone è un posto magico dove spesso arrivano personaggi strani e originali; e poi, dicendo che lavoro, mi sento un po’ più adulto. Un cliente fisso del salone è il Barone, che viene a radersi tre volte alla settimana. E’ una persona sempre gentile, mi dona vecchi libri per ragazzi , mi ha dato anche l’agenda del ’38 che uso come diario”. Ma dal retrobottega a su tutto e tutti si sovrappone una figura che gli provoca uno strano turbamento: Maddalena, la bella nipote della signora Luisa, la moglie del mastro. Maddalena frequentava un liceo a Napoli. Era una brava studentessa. Eduardo, il padre di Antonio, era operaio alla Legni e semilavorati Stella del Sud, nei pressi di San Giovanni, verso via Argine.” La fabbrica ora è quasi ferma, ogni tanto riprende a produrre qualcosa, ma gli operai sono chiamati a giornata. Per arrangiare, Eduardo fa lavoretti di ogni genere per le persone del quartiere, specie dopo i bombardamenti che devastano case e cose. “Non si fa pagare, dice sempre che ci sarà tempo. Spesso però torna a casa con qualche regalo: una salsiccia, due uova fresche, una testa d’insalata ….” Prudenza, la madre di Antonio, prima dei bombardamenti, lavorava alla Cirio. C’era lavoro per più di duecento donne. Adesso la fabbrica è chiusa. “La mattina una tazza di orzo o di surrogato, una fetta di pane raffermo quando c’è, e via! si esce per la giornata.” Il surrogato è una miscela d’orzo o di cicoria, oppure di cereali e legumi, abbrustoliti e poi macinati, da usare come sostituto del caffè. Prudenza lo fa con una miscela di carrube secche (di cui c’è abbondanza) e cicoria, che lui va a prendere in un terreno incolto coperto di rovi. Antonio conserva in una scatola i ritagli di giornali presi in giro, i volantini e le sue note sulla guerra. “Annoto – scrive – il resoconto della giornata su quello che è ormai il mio diario di guerra..” […] Una scatola che, nella nostra era tecnologica, equivarrebbe alle cartelle di file di uno storico di professione: Testimonianze e Documenti. Ma tutto ciò che egli narra è così aderente al vero che val la pena di lasciare a lui la parola. “Mi soffermo su di un vecchio manifesto del giugno 1940, un proclama del Prefetto , con le norme sull’oscuramento. L’oscuramento totale non avevano idea di cosa fosse, adesso è diventato la normalità. Quelle regole praticamente hanno spento la città: vetrine, insegne, semafori, perfino nei camposanti e nelle chiese ogni cosa deve essere stutata. Da quel momento, al calare della notte, resta solo la luna, se c’è, a illuminare le strade. Pure in casa, bisogna evitare che verso l’esterno trapeli qualsiasi chiarore. E guai a non rispettare le regole. Tutta questa premura doveva servire a nascondere gli obiettivi strategici dei bombardieri inglesi. Non è servito proprio a nulla, anzi, secondo me ‘o scuro ha fatto sì che chi sganciava le bombe non vedesse se sotto le pance degli aerei ci fossero pure poveri cristi come noi”. Ci fecero pure il favore di avvisarci con dei fogli volanti che gettarono sempre dagli aerei e con cui chiedevano di stare lontani dalle fabbriche, dalle centrali, dalla ferrovia, dal porto e dalle caserme. E’ per questo che sparano sempre qui. Una zona interna del Conservatorio Il primo bombardamento chi lo dimentica? Era il primo novembre. Il giorno seguente, i Morti, non andammo neppure al cimitero a portare un fiore per la paura di restarci per sempre anche noi al camposanto. Da lì in poi è iniziato lo strazio Un’altra cosa di cui non avevamo idea di cosa fosse è il razionamento. “Alcune cose, che in altri tempi avevano scarso valore o che erano Anche le cose di prima necessità, sono diventate un lusso e senza le tessere annonarie del regime è impossibile procurarsele altrove. Così dal 1940 ci tocca questa: recarci al deposito, metterci in fila e sperare che le razioni non siano ancora una volta diminuite. 01/06/1943 Antonio sente litigare i genitori, si ferma in silenzio ad ascoltare e resta di stucco per le sorprese. Eduardo vuole che Prudenza vada, a Tramonti, in un luogo lontano da Napoli, perché si prevede che a San Giovanni a Teduccio la situazione diventi ancora più pericolosa, anche per salvaguardare la creatura in arrivo. A proteggere Antonio baderebbe lui; che ha fatto fatica pure a trovare un posto e deve ringraziare Alberto che ha a Tramonti una parente, Addolorata ‘a Cardalana. Partono anche Carmelina, Luisa e Maddalena. Si aveva notizia di un imminente sbarco degli Anglo-americani in Italia. Infatti, il 10 giugno gli Americani occuparono Pantelleria; Lampedusa fu occupata l’11 giugno e il 10 luglio vi fu lo sbarco in Sicilia, gli Americani (Patton), fra Licata e Gela; gl’Inglesi (Montgomery), fra Pachino e Siracusa . Gli sfollati andranno con il mezzo di un falegname che fa la spola da Salerno fino a Corbara, ha un permesso speciale, sa ungere i fascisti. Per arrivare a Tramonti dovranno inerpicarsi per più di un’ora lungo un sentiero usato dai pastori. 05/06/1943 Sfollare… Quando finirà tutto questo?…[…] Ma chi la voleva questa guerra. L’autista, Nicola ‘o Mpagliasegge, si ferma più volte per far salire o scendere altre persone e mette sempre fretta. Nel cassone sono circa una trentina sedute su panche di legno. Verso Torre del Greco si ferma per consegnare un pacco e i passeggeri scendono per un quarto d’ora. Maddalena si apparta per aprire il pacchetto che Antonio le ha dato alla partenza. Dentro ci sono due matite, una minuscola agendina, una mappa del sud della Campania, da Napoli alla penisola sorrentina fino al Cilento con il tragitto fino a Tramonti segnato in rosso, e una bustina, una lettera, indirizzata a lei. Nicola torna, e con un fischio fortissimo fa risalire tutti. A mezzogiorno sono a Corbara, dove, nell’attesa della guida, consumano un tozzo di pane bagnato alla fontanella. Alberico raccomanda a Maddalena di tenere a bada i bambini fino al Conservatorio e quando lo si scorge glielo mostra. E lei lo vede: “… tra il verde infinito, eccolo: le spalle squadrate e grigie, l’aspetto austero e maestoso, come un cubo di pietra”. Arrivati, un gruppo di donne va loro incontro: una laica, zia Addolorata, le altre sono suore, tra cui una giovanissima, deve essere una novizia che si avvicina e si presenta:”Io sono Lidia”. “Maddalena”. La superiora le guida alle celle e dice loro di recarsi poi al refettorio per la preghiera e una cena frugale. Le celle sono alte e polverose, il soffitto ha due travi di legno ad ics con ragnatele negli angoli. La mamma la rincuora: “Vedrai che staremo bene. Passerà, dobbiamo solo avere fede e speranza. La carità adesso la fanno loro a noi…”. Il Conservatorio ha molte terre, i coloni, però, sono al fronte, perciò le ospiti devono contribuire con i proprio lavoro alla sua gestione. Il ruolo delle suore à pregare per la pace. Maddalena andrà alla fattoria di Catullo, tenuta da Egidio, grande invalido della prima guerra mondiale, e da sua moglie Mariangela. Imparerà a mungere le mucche, a pulire la stalla, a raccogliere la frutta … 08/09/1943 “La mamma piomba nella cella tutta agitata. “Mamma , cosa è successo? Calmati e fammi capire, per favore!” Entra Prudenza che spièga: “Dicono che fra poco alla radio ci sarà un discorso di Badoglio. Forse è finita la guerra!” Maddalena si fa aiutare a portare la radio vicino alla finestra e riesce a captare il segnale e a sentire il proclama di Badoglio. Decide quindi di scendere in paese per saperne di più. A lei si unisce Lidia. Gira voce che alla radio clandestina è stato detto che stanotte ci sarà lo sbarco di truppe anglo americane al Sud e che non bisogna averne paura, perché vengono a liberarci dal fascismo. Un vecchietto consiglia loro di tornarsene a casa per mettersi al sicuro da ogni possibile pericolo. Ben presto, tuttavia, il sonno viene squarciato da sibili di esplosioni. Ma da dove sparano? Non ci sono aerei sulle loro teste. Maddalena e Lidia salgono allora sul terrazzo del Conservatorio, da dove la vista spazia su tutta la vallata fino al mare. Ed è appunto dalle navi, da Maiori, che partono i colpi che la contro artiglieria cerca di intercettare. Poi si sente il rumore di un mezzo: è una camionetta tedesca a fari spenti che corre verso il valico facendosi luce con una torcia. Dopo la tregua di un’ora, dal sentiero che sale da Maiori spuntano dei militari dalla divisa sconosciuta carichi di armi, vettovaglie e materiale vario per le truppe. Alcuni uomini indicano agli ufficiali il sentiero per il valico. La guerra arriva anche a Tramonti. Gli Americani sbarcati a Maiori inseguono i Tedeschi e si battono nei boschi. Scorre il sangue. La torre di Chiunzi diventa un presidio di difesa e, quello che oggi è il Ristorante La Violetta, l’ospedale da campo Fort Schuster del Capitano Schuster, , ufficiale medico del 3° Battaglione dei Ranger (americani) e del dott. Lees dei Commando britannici. I Commando sono trincerati ad est del valico, sul Monte Sant’Angelo di Cava: mentre i Ranger stanno ad ovest, sul Monte Cerreto. Il colonnello William Orlando Darby aveva messo sulla nave britannica Howe un ufficiale dei Ranger che era collegato con lui via radio; poteva così far dirigere il fuoco dell’artiglieria e dei cannoni delle navi sulla piana, dove i Tedeschi che avanzavano verso Napoli, permettendo agli Alleati di contrastarli. 06/10/1943 Il chiostro del Conservatorio di Tramonti Maddalena torna dal lavoro al tramonto e trova Prudenza che l’aspetta con una notizia: “Domani arriva Ciro”. Ciro, l‘amico fraterno di Antonio è stato ferito ad un braccio negli scontri delle ”quattro giornate di Napoli”, la sommossa popolare che ha costretto i tedeschi a lasciare la città. Le suore lo ripuliscono e lo curano. Lidia è attratta da lui e finisce per rivelargli il suo segreto: l’abito da novizia è una copertura. Si trova al Conservatorio grazie ad un religioso, amico del parroco del suo paese, Ponte Lambro, in Lombardia, che l’ha fatta arrivare a Tramonti per salvarla, perché lei è ebrea. Ciro porta a Maddalena le lettere che Antonio le ha scritto giorno dopo giorno. Purtroppo la guerra lascia il segno, semina nell’animo dei giovani l’Incertezza. Vengono sconvolti i progetti, i sogni di un futuro che sembrava già tracciato. E una volta finita la guerra, ognuno prenderà una strada diversa, imprevista. Quale? E’ quello che scoprirà il lettore di questo bel romanzo storico sì, ma soprattutto di formazione. Amalfi, quando gli ex conventi portarono il Grand Tour Autore Rita Di Lieto Rita Di Lieto, nata a Ravello (SA) nel 1937, già docente di Lingua Francese presso gli Istituti Tecnici, ha scritto articoli per i periodici locali cartacei “Comunitando…”, “èCostiera” e “Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalfitana”. E' autrice di diversi volumi tra cui "Voglia di raccontare. La Seconda Guerra Mondiale nei ricordi degli abitanti della Costa d’Amalfi. Testimonianze da fonti orali.". Il Lavoro delle Donne. Storie dalle zone alte della Costa d’Amalfi". 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