Marina Di Guida, una “Mareggiata” di poesie che “spazza” Napoli CULTURA PRIMO PIANO di Maria Rosaria Sannino Scritto mercoledì, 15 Gennaio, 2025 19:24 “Mareggiata” è la prima esperienza editoriale di Marina Di Guida, pubblicata dalla casa editrice LFA Publisher, composta da quarantotto poemi dove l’autrice – professoressa di materie letterarie in un Liceo Classico di Napoli – alterna immagini potenti e intime, e una sensibilità nel trattare temi universali come il dolore, l’identità, l’amicizia, la condizione umana come la vita delle persone con fragilità, quelli che nessuno guarda nel profondo. L’autrice scava nella sua anima e trova materia feconda. L”ispirazione artistica” si tramuta in un volumetto dove sono condensati i suoi pensieri. Le poesie hanno qualità evocative, un linguaggio che alterna visioni reali a quelle sperate. Affronta in “Ferite” la perdita e il tradimento con versi che combinano denuncia e lirismo, sottolineando il dolore e la rabbia. L’uso di immagini come “solco insanabile” o “trucidato vigliaccamente l’anima bella” lascia un’impronta forte, emotiva. Così come nella poesia “A mai” che fa riflettere sull’urgenza del vivere nel presente, opponendosi all’idea di rimandare continuamente. E poi c’è una forza nel paradosso: “Malato inganno di essere e non essere”, che invita alla consapevolezza e all’azione. Per chi conosce personalmente l’autrice, sa quanto sia capace di essere autoironica, ed ecco che traspare nei versi intitolati “Autoritratto”: utilizza l’immagine vulcanica per rappresentare sé stessa, suggerendo una forza distruttiva ma anche creatrice. Il finale, “un bravo giardiniere farebbe primavera”, è una nota speranzosa e imprevedibile che non sorprende affatto chi conosce Marina. Così come nel tenere tra le mani questa pubblicazione – che rappresenta in versi una gran “carrellata di situazioni ed emozioni che la vita ci offre” – per i suoi familiari e amici, non è tanto una sorpresa, semmai è una conferma. Per essere poetici, c’è bisogno di una sensibilità profonda, di occhi che vedono oltre ciò che appare ed accade quando si scava dentro di sé per trovare qualcosa di tangibile, il risultato del lavoro interiore che darà vita a “qualcosa di nuovo”. “Nell’amico che non c’è” esplora il tema della solitudine e della perdita con una metafora fisica, quella dello scalino mancante. Il senso di caduta e abbandono è nel lessico scelto (“annaspa”,“si arrende”), e la conclusione “abbraccia quell’assurdo” aggiunge una profondità esistenziale. Non manca una lirica accorata alla sua Napoli, tanto amata quanto sofferta nelle sue contraddizioni: “La mai città sbruffona si accende e in dieci giorni si parte e quando torni nulla è più come prima, ma nessuno ricorda. Si celebra la legge, si ulula al successo. Si grida ad un prodigio…”. Ritratto vivace e critico di questa città amata e odiata, che ne cattura la personalità contraddittoria, tra vitalità e superficialità, memoria breve e teatralità esuberante, con quella sua essenza caleidoscopica che non passa inosservata. In queste poesie c’è alternanza tra simboli universali e riferimenti personali, e che prima di metterli su carta, sembravano quasi inaccessibili all’anima. Riflettono una voce sincera, un punto di vista personale e intimo e un desiderio profondo di indagare la complessità del vivere. Enzo Sellerio, lo sguardo di un fotografo su una Sicilia in trasformazione Quando una foto finanzia un libro per educare alla civiltà Autore Maria Rosaria Sannino Giornalista professionista, cronista, reporter di viaggi, appassionata di fotografia e reportage. Visualizza tutti gli articoli