Tu sei qui
Home > AMALFITANIA > Centro di storia amalfitana, 50 anni di cultura fra passato e futuro

Centro di storia amalfitana, 50 anni di cultura fra passato e futuro

Dalla visione di un video in 3D di una città di Amalfi medievale, ricca e imponente, realizzata attraverso la lettura di documenti, alla Costiera amalfitana vista e raccontata tramite dipinti ancora poco noti; dalla galee che da Amalfi navigavano fino a Bisanzio e che recenti ricerche archeologiche stanno indicando nuovi percorsi di ricerca, al mecenatismo che ha contribuito ad arricchire i luoghi. E poi le prospettive future e non solo quelle editoriali. Il Cinquantenario del Centro di Cultura e Storia amalfitana (dal 30 aprile al 3 maggio) svoltosi agli Arsenali della Repubblica, è stato un viaggio nel tempo.

Giuseppe Gargano e Giovanni Camelia (in primo piano)

Giuseppe Cobalto, presidente del Centro di Cultura e Storia amalfitana, Giuseppe Gargano, storico medievalista, presidente onorario del CCSA,Giovanni Camelia, direttore del Comitato scientifico: tre forti personalità che con competenze complementari e visioni convergenti, sono riusciti a dare forma a un evento che ha unito rigore scientifico, passione divulgativa e apertura al futuro. In questi anni, la loro guida ha permesso di coniugare così la passione con la memoria storica, coinvolgendo studiosi, istituzioni e cittadini in un dialogo costruttivo sulla cultura della Costiera amalfitana.

Intorno a noi ci sono giovani storici – ha dichiarato più volte Giuseppe Gargano, che sotto la sua guida stanno crescendo, spronato dalle continue domande su ciò che sarà il domani – il futuro del Centro non sarà in pericolo”. Perché il futuro si costruisce anche così: trasmettendo metodo, passione e rigore scientifico alle nuove generazioni, affinché possano continuare a studiare, tutelare e divulgare la storia della Costiera amalfitana, nel solco di una tradizione ormai consolidata ma sempre aperta a nuove prospettive. D’altronde un giovane già c’è, ed Michele Cobalto che dalla sua attività di segreteria del Centro, è il “testimone” generazionale, custode di una memoria condivisa ma anche necessario ponte verso il domani.

I saluti del sindaco, Daniele Milano

Le indagini sulle strutture portuali sommerse di Amalfi (la nuova ricerca di Giuseppe Gargano), il sistema difensivo del Ducato con le sue torri costiere; la salvaguardia dei beni culturali con la ricerca sugli insediamenti rupestri; le grotte eremitiche; le porte di bronzo; gli avori; le antiche Case a volta; il commercio marittimo medievale; le attività produttive del territorio; fino agli studi sul paesaggio del Grand Tour, sull’arte dei pittori di Maiori, e sulla presenza di esuli del totalitarismo a Positano e la poesia celebrativa dei luoghi. Non è mancata, in questo articolato mosaico di memorie e visioni, la ricerca storica legata alla gastronomia, uno degli ambiti culturali più identitari del territorio.

Studiosi a confronto:: il giapponese Hidenobu Jinnai, il tedesco Dieter Richter, l’italiano Giuseppe Gargano e il russo Michail Talalay.

A testimoniarlo è stato lo chef Antonio Dipino del ristorante La Caravella, tra i protagonisti della storia gastronomica amalfitana, che in un fitto dialogo con Giuseppe Gargano, ha ricordato il compianto Ezio Falcone, pioniere negli studi sul patrimonio culinario della Costa. Un ricordo che ha acceso i riflettori sul ruolo che la cucina può avere come tramite tra tradizione e innovazione, tra ricerca archivistica e racconto del gusto, facendo emergere anche in questo campo un’eredità viva e fertile da valorizzare.

Matilde Romito parla di percezione del paesaggio costiero degli artisti stranieri

Le tante presenze alle quattro giornate hanno peraltro testimoniato l’impegno costante di collaboratori, studiosi e appassionati che da mezzo secolo continuano incessantemente a produrre conoscenza, a valorizzare fonti documentarie e a promuovere la memoria storica della Costa d’Amalfi, contribuendo con ricerche, pubblicazioni e attività divulgative alla costruzione di una storia solida e condivisa. Significativi gli interventi di studiosi come Gerardo Sangermano, Giuseppe Vitolo, Giuseppe Mandalà, Vera von Falkenhausen, Alida Fliri, Maria Russo, Antonio Braca, Chiara Lambert, Marielva Torino, Matteo Dario Paolucci, Matilde Romito, Olimpia Gargano, Francesco D’Episcopo, Matthew Harpster, Hidenobu Jinnai, che hanno contribuito ad affermare come la ricerca sia un continuo studio ed evoluzione, e che un territorio va sempre visto nelle sue tante angolature ancora da esplorare. E che proprio grazie alla ricerca anche geologica ed archeologica, legata alle fonti – come evidenziato da Aldo Cinque e Mario Notomista – si vedono le evoluzioni di un’intera area, e cosa occorrerebbe mettere in campo per salvarla dall’abbandono dei terrazzamenti e dal dissesto idrogeologico.

Gioacchino Di Martino e Maria Rosaria Sannino

Determinante è stato anche l’intervento di Gioacchino Di Martino, storico, ambientalista e vice presidente del Centro, che ha riportato l’attenzione sulla fragilità crescente del territorio costiero. Attraverso foto ha mostrato le gravi minacce che incombono sulla biodiversità locale, spesso trascurata, e ha lanciato un appello alla tutela dei luoghi più vulnerabili e preziosi. Tra questi, ha ricordato la Grotta dell’Annunziata a Maiori e il complesso abbaziale di Santa Maria de Olearia, entrambi esempi straordinari di patrimonio naturalistico e spirituale, oggi a rischio di abbandono o degrado. Senza una presa di coscienza collettiva e azioni oncrete, questi tesori rischiano di scomparire.

Ccsa in una foto d’archivio negli anni della fondazione.
Olimpia Gargano illustra la relazione “La Costiera vista e raccontata”.

Da subito si avvertì la necessità di fondare una Biblioteca pubblica ad Amalfi che raccogliesse le attestazioni documentarie e bibliografiche di ogni epoca, dal VI secolo, in cui per la prima volta Amalfi appare nelle fonti vaticane come Castrum retto dal Vescovo Pimenio, all’Era Moderna e all’Epoca Contemporanea delle quali quasi nulla si sapeva. 

Si partì da piccoli fondi bibliografici e dalla pubblicazione di codici documentari. Esemplare fu l’impresa di Iole Mazzoleni, Soprintendente Archivistica e Docente  di Paleografia e Diplomatica dell’Università di Napoli, che negli anni ’60 riuscì a trascrivere e pubblicare in collaborazione con alcuni colleghi paleografi e archivisti della Scuola Napoletana ben 7 volumi di fonti amalfitane, contenenti  700 “Pergamene degli Archivi Vescovili di Amalfi e Ravello” (PAVAR). 

Palazzo di città: il medievalista Gerardo Sangermano, l’ordinaria Maria Russo e il console Claudio Marciano di Scala nominati cittadini onorari di Amalfi.

Seguì l’acquisizione di 80 pergamene amalfitane del “Fondo Mansi” recuperate dal neonato Centro e trascritte da Catello Salvati, Soprintendente Archivistico per la Campania e Direttore del Grande Archivio d. Intanto il Direttore dell’Archivio di Stato di  Salerno, Guido Ruggiero, metteva mano al restauro e allarilegatura dei Registri notarili amalfitani. Seguirono il Codice Perris, che raccoglieva i documenti dell’Archivio del Monastero delle donne nobili di San Lorenzo del Piano trascritto da Antonio Allocati e pubblicato a cura di Iole Mazzoleni e Renata Orefice in 5 volumi, e ad altre sette raccolte di documenti di monasteri amalfitani, in piccola parte conservati anche dalla Società Napoletana di Storia Patria. Nell’arco di un quindicennio dalla fondazione del Centro, Amalfi vide pubblicate la quasi totalità delle sue fonti documentarie storiche.          

La Biblioteca Civica “Pietro Scoppetta” e la Biblioteca di Storia, Arte e Cultura del Centro, con il Comune di Amalfi e della Regione Campania, assicurarono regolare e continuativa apertura al pubblico, costituito da un’utenza di provenienza non solo costiera. 

Sempre in questi primi due decenni di vita vennero istituite Sezioni speciali annesse alla biblioteca: Cartografia del territorio amalfitano, Fotodiapoteca dei beni culturali del territorio amalfitano, Emeroteca, Fondo librario Andrea Di Benedetto, Donazione fondo documentario Francesco Amodio, Fondo Pergamenaceo Mansi.

Giuseppe Cobalto, Chiara Lambert, Marielva Torino, Mario Notomista,
Aldo Cinque, Alfredo Santoro.

Si avvertì anche il bisogno di un “Notiziario” per i soci che nei primi tempi venne  realizzato in sole 300 copie e stampato al ciclostile; nel 1981 venne trasformato in periodico semestrale, la “Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalfitana”, con la direzione di Luigi De Stefano e la collaborazione di Sigismondo Nastri. Con cadenza semestrale, la rivista ha accompagnato – e spesso anticipato – le evoluzioni del dibattito storiografico, artistico e territoriale sulla Costa d’Amalfi, ospitando contributi di studiosi italiani e stranieri, ricerche originali, recensioni e approfondimenti. Uno spazio editoriale diventato nel tempo punto di riferimento per chiunque desideri conoscere a fondo la storia e le trasformazioni dell’antico Ducato e del suo territorio.

Antonio Dipino col professore Gargano

Il vasto programma si è aperto con la presentazione del volume di Dieter Richter  “La Costiera Amalfitana. Storia di un paesaggio europeo”  dove finalmente si chiarisce (speriamo definitivamente) che qui Johann Wolfgang von Goethe non vi mise piede: “…con la scoperta dei templi greci nella paludosa piana di Paestum e la loro descrizione per opera di Winckelmann (1761) e Piranesi (1778), gli itinerari di viaggio si prolungarono per la prima volta verso sud: una gita al golfo di Salerno divenne ora un punto obbligatorio del programma del Grand Tour. Goethe la fece addirittura due volte durante il suo soggiorno di sette settimane a Napoli nella primavera del 1787, pernottando a Salerno. E naturalmente sapeva di Amalfi e del suo mito: nel 1798 avrebbe inscenato nel teatro di Weimar l’opera “La principessa di Amalfi”. Ma non la visitò”.

La mostra “Il soldato con la Leica”.

Tutt’intorno la sala dell’Arsenale, tra i partecipanti al convegno, le stampe della mostra iconografica “Il soldato con la Leica. La Costa d’Amalfi nelle fotografie di Hilmar Landwehr”, scatti del 1942-1943, hanno impresso l’immagine di un tempo lontano. L’editore d’arte e fotografo di Braunschweig, Hilmar Landwehr (1907-1990) prestò servizio come soldato in una squadriglia di ricognizione nel Sud Italia durante la Seconda Guerra Mondiale. Solo pochi anni fa, quando è stata esaminata quasi per caso una scatola di cartone con pellicole negative appartenente all’eredità del soldato, è emersa un’eredità finora sconosciuta dopo quasi 80 anni: 89 pellicole negative  (35mm) in bianco e nero con oltre 3200 foto che documentano il periodo da gennaio 1942 a settembre 1943, scattate tra Roma, Napoli e Taormina. La mostra presenta una selezione delle immagini storiche che ha realizzato in quel periodo tra Pompei, lungo la Costiera Amalfitana e Paestum.

Michail Talalay.

 È stato Michail Talalay, dell’Accademia Russa delle Scienze di Mosca e vecchio amico del Centro, a dare il tono più commovente alla sessione finale della quarta giornata. Non solo ha condiviso con il pubblico i ricordi delle sue visite ad Amalfi, dei primi incontri con i fondatori del Centro e delle pubblicazioni nate da quella intensa collaborazione, ma ha anche offerto un video-messaggio carico di emozione. In esso, altri collaboratori russi, impossibilitati a viaggiare da Mosca, hanno voluto mandare il loro saluto, e riaffermare l’importanza di quel legame culturale internazionale costruito nel tempo, segno tangibile di come il Centro sia stato — e continui ad essere — un ponte tra culture, ben oltre i confini locali.

Silvia Sammarco.

Le celebrazioni del Cinquantenario si sono concluse con una voce potente: quella del soprano lirico Silvia Sammarco, originaria di Minori, che ha regalato al pubblico un momento di intensa emozione. Accompagnata al pianoforte da Pietro Gatto e al flauto traverso da Vincenzo Scannapieco, l’artista ha interpretato un repertorio raffinato che ha spaziato tra arie classiche e melodie della tradizione amalfitana. Culmine della performance, l’esecuzione in prima assoluta di un’aria tratta dall’opera “La Principessa di Amalfi”, che ha saputo unire pathos, eleganza e radici culturali in un unico, vibrante omaggio alla città e alla sua storia. Una chiusura simbolica per un evento che ha celebrato cinquant’anni di ricerca, memoria e passione. 

Il Cinquantenario non è solo un traguardo, ma un nuovo inizio. È emerso con forza, nel corso delle giornate, il bisogno di proseguire il cammino con energie nuove, mantenendo viva la missione del Centro e aprendo le porte alle giovani generazioni e alle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, alla digitalizzazione dei volumi e dei documenti. Un messaggio sottolineato anche dal Direttore generale del MiC, Andrea De Pasquale, che ha invitato il Centro ad abbracciare l’innovazione digitale, senza rinunciare alla profondità della ricerca storica. Perché custodire la memoria significa anche trovare linguaggi contemporanei per raccontarla. E perché la storia della Costiera amalfitana — come quella del Centro stesso — merita di continuare, con forza, lucidità e visione.

Il plastico di Amalfi nel XIII secolo.

Autore

Maria Rosaria Sannino
Giornalista professionista, cronista, reporter di viaggi, appassionata di fotografia e reportage.
http://www.twitter.com/mrsannino

Lascia un commento:

Top