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Adsp Augusta, torna il gnl. Pd-5s: luce pure su concorsi e monopoli

AUGUSTA – Una “misteriosa” nave colata a picco davanti il vecchio consortile di Punta Cugno, col relitto rimasto affondato proprio davanti il pontile dove attraccheranno le gasiere che devono rifornire un nuovo deposito di Gnl da mille metri cubi, mai comunicato al consiglio comunale. Un investimento vicino ai 4 milioni di euro per le strutture a terra, probabilmente destinate ad ampliarsi gradualmente dopo i primi tre serbatoi, praticamente affacciate sul relitto della Seven Star adagiato nel fondale sottocosta. Dove il mercantile battente la bandiera ombra di Saint Vincent e Grenadine ha concluso la sua quarantennale attività di cargo, dopo il sequestro del 2019 per traffico illecito di rifiuti. Il progetto a sorpresa sul gas naturale liquefatto è l’ultima nube che si addensa sulla governance della Port authority, dopo la tempesta scoppiata sulla notizia che l’Anticorruzione ha bocciato il project financing, per la privatizzazione dei servizi portuali ad Augusta e Catania, contestando calcoli “al ribasso” sul valore dell’affare. E dopo che il Tar ha accertato evidenti conflitti d’interesse sui concorsi per il personale, che hanno visto vincitori parenti stretti dei due componenti augustani del comitato di gestione, vicini all’amministrazione Giuseppe Di Mare. Cosa sta succedendo all’Adsp del Mare di Sicilia orientale?”: ora se lo domandano pure Partito democratico e 5 Stelle, tornando ad accendere i fari sul “porto delle nebbie”. I democratici Giancarlo Triberio e Milena Contento, insieme ai pentastellati Roberta Suppo e Uccio Blanco, pretendono un dibattito consiliare sui “discutibili” indirizzi dell’Autorità di sistema. “Alla luce di questi eventi inquietanti”, scrivono i consiglieri d’opposizione in un comunicato diffuso il 25 gennaio, “abbiamo presentato una richiesta di ordine del giorno per affrontare la questione”. 

Opposizione chiede all’amministrazione di chiarire al consiglio i rapporti con l’Autorità di sistema.

Francesco Di Sarcina e Giuseppe Di Mare.
copertina, foto satellitare della nave affondata al pontile consortile.

Oltre al sindaco Fratelli d’italia, Pd e 5s chiedono che a riferire in aula sia stavolta pure la vicesindaca meloniana Tania Patania, imprenditrice portuale direttamente coinvolta nel progetto di finanza rigettato dall’Anac. E con loro dia spiegazioni anche il rappresentante del Comune nel comitato di gestione, Dario Niciforo, fratello del capogruppo di maggioranza Marco e cognato della dipendente Adsp finita al tribunale amministrativo. Nella precedente seduta monotematica dedicata alle privatizzazioni nello scalo commerciale, infatti, l’assessora al Porto aveva presenziato i lavori senza aprire bocca. Mentre l’ingegnere nominato direttamente dal primo cittadino, per rappresentare l’amministrazione nella governance dell’Autorità di sistema, aveva disertato il dibattito. Lasciando al presidente Adsp, Francesco Di Sarcina, l’onere di difendere una scelta fortemente contestata dagli operatori marittimi locali. “Il nostro porto sta vivendo una serie di eventi che destano preoccupazione e mettono in discussione la sua gestione”, scrivono oggi i consiglieri di minoranza. I quali stavolta pongono una questione tutta politica, dopo vicende che hanno dato riscontro oggettivo alle perplessità sollevate a suo tempo. Soprattutto riguardo l’ombra lunga di Fdi su un ente, che dovrebbe essere condizionato solo dalle opportunità del mercato internazionale.

Blanco, Contento, Suppo, Triberio: porto diventato una “questione di famiglia” dei Fratelli d’italia.

Uccio Blanco, Roberta Suppo, Milena Contento, Giancarlo Triberio.

“Da volano di sviluppo per la nostra terra a questioni di famiglia dei Fratelli d’Italia e dell’amministrazione Di Mare, polemizzano Pd e 5s. Agganciandosi “al significativo accadimento da parte del Tar di Catania, che ha accolto il ricorso di un candidato al concorso per un posto nell’Adsp, sollevando una serie di criticità sull’operato dell’ente”. L’Autorità portuale si è difesa presentando un dettagliato appello al Consiglio di giustizia amministrativa, contro un ricorso sostenuto dal Codacons. Opponendosi radicalmente a una sentenza di primo grado nella quale veniva contestata pure la presenza dell’augustano Roberto Meloni, esponente Fdi indicato dalla Regione Siciliana, durante la riunione del comitato di gestione che deliberava sul concorso vinto dalla figlia. “Per non farsi mancare nulla, l’Anac ha contestato all’Autorità di sistema il mega affidamento dei servizi portuali“, scrivono ancora i consiglieri d’opposizione. Sottolineando la commistione fra la tessera meloniana della vicesindaca, la sua delega al Porto, e la presenza delle due aziende di famiglia fra le cinque del pool in procinto di monopolizzare i porti centro-orientali dell’isola. Un project financing che l’Agenzia nazionale anti corruzione ha bocciato in diversi punti, dopo un’attività ispettiva durata quasi un anno. I risultati sono contenuti in una delibera di 21 pagine, pubblicata alla fine del 2024 e rimasta ancora senza reazioni dall’Autorità portuale. E’ un documento che scuote alla radice l’operazione nata per cancellare il sistema delle singole concessioni, facendola apparire più vicina a un colpo di mano che a una scelta ponderata.

Anac boccia la gara con un solo concorrente: nel bando valore del monopolio a meno della metà.

Tania Patania.

L’Anac osserva innanzitutto che “il valore della concessione indicato negli atti di gara, e quello rideterminato dalla Adsp in sede ispettiva, siano quantomeno contraddittori”. Non è una differenza di poco, perché il bando parlava di 176 milioni e 400 mila euro, mentre il conteggio rivisto dopo l’arrivo degli ispettori ha calcolato un valore di quasi 333 milioni. L’Autorità di sistema si era difesa dicendo che l’importo corretto “poteva comunque desumersi dal quadro economico riepilogativo dei servizi erogati”. Però la cauzione che aveva versato la società di scopo, con capofila la palermitana Osp già monopolista nei porti della Sicilia occidentale, era stata calcolata sul valore dimezzato. E non aveva ricevuto obiezioni. Solo “a valle dell’ispezione” dello lo scorso maggio, scrive l’Anac, “l’Adsp ha richiesto l’integrazione” di quanto effettivamente dovuto dall’unico partecipante-proponente. Il quale aveva fatto tutto da sé: proposta e conti economici, poi calati direttamente in un bando nel quale i concorrenti avrebbero gareggiato “senza avere tutti gli elementi a disposizione”. Ma anche col successivo ricalcolo, l’Agenzia dice che l’affare è stato comunque sottostimato. Quando parla di “corretta indicazione del valore dell’affidamento, afferma infatti che è “pari quantomeno ad euro 466 milioni e 781 mila, al netto dell’Iva”. L’Anticorruzione bacchetta pure sul terminal crociere a Catania. “A fronte di una gara dal valore di oltre 400 milioni di euro – che prevede l’istaurarsi di un rapporto contrattuale di 25 anni per la costruzione e gestione di un’area portuale con stazione marittima e con l’esecuzione di ulteriori servizi non necessariamente ad essa connessi – l’ente concedente non ha richiesto ai partecipanti nemmeno un fatturato minimo o una quota di servizi analoghi”. La governance salpata verso il rilancio della portualità di Augusta, secondo Pd e 5s sta invece seguendo una rotta segnata su corsie preferenziali:“Il nostro porto merita una gestione trasparente e corretta, che guardi agli interessi della collettività e non a quelli di pochi. Vogliamo chiarezza, trasparenza e risposte concrete”.

Autore

Massimo Ciccarello
Giornalista professionista

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